La torrefazione: un passaggio fondamentale che ci porta dal chicco all’aroma

torrefazione

La torrefazione è un passaggio fondamentale per far acquisire al caffè il suo particolare gusto corposo ed aromatico.
In questo processo i chicchi vengono sottoposti ad arrostimento in modo che vengano disidratati e ossidati. Maggiore è il grado di torrefazione, più intenso sarà il sapore.
I metodi per la torrefazione del caffè sono due, scopriamoli insieme!

I due metodi: a letto fluido e a tamburo

Il primo metodo viene detto “a letto fluido”. In questo caso i chicchi crudi vengono inseriti nella camera di tostatura e sottoposti a getti d’aria calda ad una temperature che va dai 300 °C ed i 400 °C.
Il secondo metodo, sicuramente più complesso, è chiamato “a tamburo rotante“. In questo caso si utilizza un macchinario chiamato, appunto, tamburo. All’interno del tamburo sono presenti delle braccia per rimestare continuamente i chicchi così da ottenere una tostatura uniforme, in cui un bruciatore a gas convoglia l’aria calda necessaria al processo, per un tempo di circa 15-20 minuti secondo il tipo di caffè, la capacità della tostatrice ed il gusto del torrefattore. Il primo sistema ha lo svantaggio di tostare il caffè molto più esternamente che all’interno, comportando anomalie gustative e di preparazione. La torrefazione a tamburo offre, invece, i risultati migliori, con una tostatura uniforme che migliora la resa aromatica del caffè. È sufficiente aprire un chicco a metà agendo sul solco chiaro ed osservare l’interno per rendersi conto della bontà o meno del processo di torrefazione subìto.

Durante tale processo il grano di caffè subisce alcune trasformazioni quali la caramellizzazione degli zuccheri e la carbonizzazione della cellulosa, che conferiscono al chicco il suo colore tipico, nonché la formazione dei composti volatili che gli danno il tipico aroma del caffè tostato. Contemporaneamente parte della caffeina si perde principalmente a causa delle alte temperature.

Il chicco torrefatto aumenta il suo volume del 30% circa, mentre il suo peso diminuisce poiché gran parte dell’acqua che lo compone evapora. Il calo ponderale si attesta in media sul 15-20%.

Il caffè torrefatto ha un gusto tendenzialmente amarognolo, e diviene solubile in acqua, essendo più friabile (il chicco crudo è inutilizzabile a fini di estrazione che rechino aromi), più facilmente riducibile in polvere e perciò adatto ad essere macinato, in polveri la cui granulometria è stabilita in funzione del processo di estrazione degli aromi. In Espresso vuole essere fine per via della maggior pressione della macchina, da bar o domestica che sia, in Moka, Filtro, Infusione o alla Napoletana più grosso, per via della minore se non assente pressione presente negli strumenti.

Per il Caffè alla Turca, invece, la polvere macinata occorre finissima in quanto deve sedimentarsi sul fondo della tazzina, e parzialmente si può ingerire durante la degustazione. La percezione sabbiosa, quindi, è meglio tollerata al palato. In questo caso si utilizza un pentolino apposito di rame od ottone chiamato Ibrik o Cezve.

La torrefazione è generalmente un processo industriale. In passato veniva fatta anche domesticamente, con l’ausilio di appositi tostacaffè manuali, posti sul fuoco o sulle braci.